La sua vita è giunta al termine, le restano pochi giorni. La tapparella è semichiusa. Il sole sta tramontando dietro le colline in fondo alla valle tagliata a metà dal fiume. Edith si chiede se l’acqua sia già gelida oppure se ha mantenuto il tepore delle pietre in fondo al letto del fiume, riscaldate dal sole infiltrato tra i folti rami del bosco. Edith sospira, disperata e quieta nello stesso tempo. Ripensa alla sua vita, alle occasioni perse, al rimpianto per non aver saputo fare le scelte giuste in gran parte del tempo che le è stato concesso. Ma è anche quieta perché alla fine ha trovato dentro di sé quel coraggio e ha avuto la fortuna di incontrare un nuovo sentiero di vita da percorrere.
In fondo alle colline suona la campana di una chiesa campestre, una qualche pieve medievale infilata dentro un bosco di faggi, corbezzoli e cipressi. Lei ricorda la bellezza del vestito verde di tulle con cui si è sposata, un giorno mite di aprile nella piazza di Firenze, con Thomas.
Sono passati solo due anni, lei già sapeva della malattia ma Thomas non ha avuto alcun dubbio e lei non ha mollato. Lui l’ha voluta sposare, anzi era ancora più determinato. Sono stati felici.
Edith si gira verso di lui. Lo guarda e lui le sorride. Le stringe la mano. Con l’altra infila le dita nel suo braccio e poi accarezza la pelle come ha sempre fatto quando si incontravano, amanti clandestini, in qualche parcheggio di supermercato rubando il tempo alle altre famiglie ormai rotte.
Lei pensa: che peccato lasciarlo. Che bello averlo incontrato e poter andare via solo dopo essere stata felice. Con lui. E, finalmente, può chiudere gli occhi con un sospiro e con un sorriso sereno sul bel volto scavato. Lui aspetta che lei vada via e lascia, anche lui finalmente, esplodere il suo dolore inconsolabile.