Il vento fresco soffia contro il mio viso. Il sole caldo lo avverto sulla pelle. Il passo è cadenzato e la caduta della suola sull’asfalto rimbomba nel silenzio del mattino. E’ la seconda pasquetta di lockdown. Corro lungo le strade deserte. Il sole si affaccia tra i rami dei pini marittimi, storti e arrotolati su loro stessi. Incrocio qualche runner o qualche persona che cammina, a passo svelto e concentrato ad ascoltare la musica nelle air pods. C’è una sorta di tacito accordo tra di noi, fare il minor rumore possibile, salutarsi con la mano alzata senza parlare, c’è il desiderio di rispettare il silenzio. Il mio sguardo è dritto, non indosso le cuffie, voglio godere i rumori della natura. E li avverto, come se fossi concentrato a meditare nel silenzio della mia stanza. Correre è come meditare, la mente vaga liberamente, rincorre i pensieri, non li rincorre, non li accartoccia ma soprattutto non impone la ragione alla loro libera follìa. E’ un piacere assoluto in cui le endorfine si mescolano al piacere della riflessione, lenta inversamente alla velocità del passo di chi corre.
Prendo la strada che porta verso la campagna e i rumori della natura si impongono, uno dietro l’altro per poi unirsi in un chiacchiericcio di fondo. Si mescolano ai profumi della primavera. Lascio sulla destra le ultime case. Avverto il profumo di detersivo di chi ha lustrato l’ingresso di marmo per disinfettarlo dal Covid, la brezza scuote i panni stesi e porta a me l’odore delicato di un ammorbidente. Un gatto attraversa la strada e mi guarda, indolente ma vigile. Si ferma, si siede e sistema con eleganza la coda, mi lascia passare seguendomi con gli occhi. Sui rami dei pini qualche colombo grigio gioca, si inseguono, provano ad accoppiarsi frullando rumorosamente le ali.
Mi dirigo verso la campagna, onde d’erba si distendono verso il mare, il vento le pettina lentamente. Il profumo della liquirizia e del finocchietto selvatico si alza e si irradia nello spazio.
In fondo, in qualche casetta di campagna, si alza la voce di un vecchio brano di Adele, la sua voce potente squarcia il silenzio e si distende nel cielo.
Nell’asfalto c’è una grande buca circolare colma d’acqua, immobile. E’ uno specchio che riflette il cielo azzurro e le nuvole che scivolano pigre.
Tu mi accompagni, passo dopo passo, i tuoi occhi sono dentro il sangue che viene pompato veloce dentro il mio corpo. Mi danno la spinta per andare avanti, con la forza che supera il limite del tempo che è passato. Vado avanti, passo dopo passo, senza avvertire la stanchezza ma percependo, invece, qualche pezzo irregolare di forza e di speranza per il futuro.
Sorrido e mi infilo veloce dentro l’erba alta. Spingo per arrivare al mare e annusare, insieme al profumo delle alghe e della sabbia umida, il desiderio di libertà. Ha la densità del tuo sguardo, il fragore delle onde di spuma bianca che si infrangono sulle rocce lucenti. In fondo c’è l’orizzonte. Lo guardo e capisco che ho ancora voglia di raggiungerlo e di superarlo.